Ok, partiamo con il dire che Rainbow But Its Alphabet Lore è quel gioco che ti fa pensare: “Ma chi l’ha detto che imparare l’alfabeto deve essere noioso?” Qui, ogni lettera è un personaggio con tanto di personalità – sì, proprio come nelle sitcom, ma con più colori e meno drammi familiari.
Il cuore pulsante del gioco è il sistema di esplorazione, dove ti muovi con i classici WASD o frecce (niente combo da pro player, tranquillo) in un mondo che sembra uscito da un arcobaleno dopo una tempesta di glitter. Le lettere non stanno lì a farsi vedere: ognuna ha una sua abilità speciale, tipo quei power-up che usi per sbloccare passaggi segreti o risolvere enigmi che ti fanno sentire un po’ detective, un po’ mago delle parole. Ho provato a capire il crafting delle parole e ho finito per fare un pasticcio degno di MasterChef, giuro.
Il gioco ti incastra in situazioni dove devi usare le lettere giuste per superare ostacoli: pensa a un puzzle dove devi comporre parole per sbloccare porte o attivare meccanismi. Sì, è un po’ come quando cerchi di scrivere un messaggio e autocorreggi tutto tranne che la parola “ciao” – ma qui è tutto inteso, e pure divertente! Il meccanismo di risoluzione degli enigmi è una figata perché ti chiede di pensare un attimo (e non solo di cliccare a caso sperando nel GG).
E se ti stai chiedendo quanto sia complesso, ti dico: accessibile al massimo. Perfetto anche per chi non ha mai toccato un joystick e vuole comunque sentirsi un piccolo eroe dell’alfabeto. Le azioni si limitano a interagire e muoversi, ma la vera chicca è combinare le abilità delle lettere, tipo una squadra di supereroi linguistici. Prima boss fight? Beh, la mia tastiera è quasi volata dalla finestra quando ho capito che dovevo schivare all’ultimo secondo, ma alla fine la soddisfazione è stata epica.
In sostanza, Rainbow But Its Alphabet Lore non è solo un gioco, è un viaggio colorato dove imparare si mescola con l’avventura senza sembrare una lezione di scuola. E poi, diciamocelo: vedere una “B” che salta più in alto di una “Z” non è roba da tutti i giorni, vero? Seriamente, chi l’ha testato?