Ok, mettiamola così: Fuggire dalla prigione è quel tipo di gioco dove ti ritrovi incastrato dietro le sbarre e devi far fuori la monotonia con un piano di fuga che farebbe impallidire anche il miglior Houdini. Sei Henry Stickmin, il tipo che sembra uscito da un meme anni ’90 ma con un’intelligenza da ladro gentiluomo (o almeno così speri). La vera sfida? Decidere quale delle mille folli opzioni cliccare per scappare senza finire in situazioni ancora più assurde – e fidati, le scelte sbagliate sono più epiche di un fail su YouTube.
Il sistema di scelta multipla qui è la star del gioco: ogni decisione ti porta su sentieri diversi, alcuni portano a salvezza, altri a esiti così comici che quasi ti scappa da ridere – tipo quando credi di avere il piano perfetto e invece finisci con una secchiata di vernice in faccia. La struttura a ramificazioni narrative è così ben fatta che ti ritrovi a rigiocare più volte, tipo quella serie TV con mille finali alternativi, solo che qui puoi essere sicuro che ogni “game over” vale la pena perché ti regala momenti da raccontare.
Le meccaniche point-and-click sono così intuitive che anche tua nonna potrebbe schivare la noia senza problemi. Muovi il mouse, clicchi sulle opzioni più strambe, e voilà, Henry prova tutto: dal lanciare un panino come distrazione a tentativi di fuga che sembrano usciti da un cartone animato. Seriamente, chi ha testato certe idee? Io ho provato a capire il crafting dei piani e ho finito per fare un pasticcio degno di MasterChef sotto pressione.
E poi c’è il tocco magico di questo gioco: l’umorismo. Non è solo un escape game qualunque, è un mix di comicità slapstick e scelte in stile “Cosa potrebbe andare storto?”. Ti ritrovi a ridere delle disavventure di Henry, perché, ammettiamolo, chi non ha mai provato a uscire da una stanza chiusa con un cucchiaio? Prima fuga in quella prigione? Diciamo solo che la mia tastiera è quasi volata dalla finestra quando ho capito che la soluzione era cliccare su un pomodoro gigante. GG, Henry, GG.