Allacciati la cintura, o meglio, allunga gli artigli: in Mad Cat sei Max, un gatto abbandonato e decisamente fuori dal comune, con una storia più contorta di un gomitolo di lana annodato. Il tuo obiettivo? Sopravvivere in un mondo che sembra progettato per farti cadere a terra a ogni passo. E fidati, non è una passeggiata nel parco, anzi, più una corsa su un tappeto di cactus mentre un branco di altri mici ti guarda come se fossi la prossima cena.
La vera chicca sono le meccaniche di gioco che ti catapultano nel pelo duro della vita felina: avrai un sistema di combattimento che non è il solito “graffia e fuggi”. Max può scattare, schivare, e sfruttare la sua agilità quasi ninja (ma con le unghie, s’intende). Schivare al momento giusto in un duello con un altro gatto è più soddisfacente di trovare l'ultimo pacchetto di croccantini in frigo. E se pensi che inseguire topi sia solo tapasciata, aspetta di provare il sistema di caccia: è quasi come una partita a nascondino con la fame, ma con più adrenalina e meno regole.
Ah, e non è finita: Max ha i sensi affinati come un detective in un noir anni ’40. Il gioco sfrutta un interessante meccanismo di percezione sensoriale che ti fa “sentire” l’ambiente, anticipando pericoli e opportunità come solo un vero felino sa fare. Tipo quando ti accorgi che la tua ciotola è vuota ancora prima di arrivarci: GG per Max, insomma.
Il bello? Non sei solo in questa giungla urbana: interagire e allearti (o scannarti) con altri gatti è parte vitale del gameplay. Non ti aspettare solo “miagolii di pace”, perché qui la legge del più forte è più OP di un buff in piena partita. Ti ricordi la prima volta che hai affrontato quel cane minaccioso? Ecco, la tensione è palpabile e la gestione della dinamica di gruppo ti fa sentire come il capo di un clan di felini duri e puri... o quasi.
Insomma, Mad Cat non è solo una storia di lotta per la sopravvivenza, ma un’avventura che ti fa scoprire come si vive – e si combatte – con stile, artigli e un po’ di sana follia. Preparati a fare le fusa alla vittoria, o a graffiare via la frustrazione. Seriamente, chi l’avrebbe detto che essere un gatto abbandonato potesse essere così... EPICO?