Allora, prendi una scrivania (meglio se virtuale), qualche dipendente un po’ svogliato e un mucchio di scartoffie da sbrigare: benvenuto in Startup Fever, il gioco dove il sogno di diventare un magnate high-tech inizia con... carta e penna. Sì, perché la tua avventura parte in modo molto “analogico”, con un sistema di gestione del personale che ti farà sentire un po’ come un capo ufficio alle prese con le scartoffie da compilare senza impazzire. Ho provato a capire il crafting delle assegnazioni, e alla fine i miei poveri dipendenti sembravano più confusi di me (serio, chi l’ha testato?).
Man mano che sblocchi nuovi uffici e ingaggi nuova gente, la tua azienda si trasforma da semplice impresa cartacea a una vera e propria fabbrica di software e servizi logistici. È un po’ come passare dal cucinare ramen istantanei a preparare una cena gourmet: più ingredienti, più caos, ma anche più soddisfazione. Devi tenere d’occhio le macchine d’ufficio (che puoi aggiornare, ovviamente) e assicurarti che il team non si trasformi in un branco di zombie da burnout. Perché se i tuoi dipendenti dormono in piedi, il rischio è che tu finisca per dormire sulla scrivania… o peggio.
Il cuore del gioco pulsa nella gestione del tempo e delle risorse: assegnare i progetti giusti al dipendente giusto è una sfida degna di un puzzle di livello hard. Ti ricordi quella sensazione di “non so se sto facendo giusto, ma vado avanti lo stesso”? Ecco, qui la strategia è tutto. Puoi anche espandere la squadra per aumentare la produzione e sbloccare nuovi spazi nell’ufficio, un po’ come fare il level-up della base in un RTS, ma senza orchi che ti inseguono.
In sostanza, Startup Fever è quel gioco che ti fa sentire CEO e babysitter contemporaneamente: devi controllare lo stato d’animo della tua squadra, gestire risorse e fondi, e – cosa più importante – non farti schiacciare dalla montagna di compiti quotidiani. Una miscela perfetta di strategia e umorismo da ufficio, con quella sana dose di “GG” quando finalmente vedi i numeri salire. E se ti va male, beh... la tastiera è sempre lì, pronta a fare le spese dell’ira del capo!