Okay, ammettiamolo: chi non ha mai sognato di essere un piccolo eroe peloso con un gattino da salvare? In Baby Taylor aiuta il gattino ti ritrovi esattamente in quel ruolo – o quasi, perché qui il protagonista è Taylor, una bambina dolce e intraprendente pronta a trasformare la sua casa in un centro di recupero felino. E no, niente dramma da soap opera, solo tanto amore e qualche mini-gioco che ti farà sentire un vero pet-sitter da competizione.
Dal punto di vista delle meccaniche di gioco, tutto ruota attorno a una serie di task semplici ma ben strutturati: devi nutrire il gattino con cibo giusto (no, non puoi dargli la pizza del pranzo, anche se sarebbe geniale), lavarlo con una spruzzata d’acqua (tocca usare il touchscreen o il mouse, giusto per far lavorare quei polpastrelli), e ovviamente giocare con lui per tenerlo felice e attivo. Ogni azione richiede timing e precisione, tipo quel momento in cui provi a prendere il joystick e fare una combo perfetta... solo che stavolta la combo è “drag and drop” con il cibo o un tap sincronizzato perfetto per la doccia felina. Semplice, no? Beh, almeno finché il gattino non decide di fare il monello – e lì inizia il bello.
E non è solo un passatempo casual: c’è pure una bella dose di timed challenges, perché se non dai il cibo al momento giusto, il micetto ti guarda come se fossi un umano da nerfare al più presto. Inoltre, tenere il gattino divertito con i giocattoli è una mini-sfida a parte, quasi come cercare di convincere un gatto vero a farti le fusa, solo che qui dipende tutto da te e dai tuoi riflessi digitali (spoiler: niente mouse lanciati dalla finestra, promesso!).
Il bello di Baby Taylor aiuta il gattino? I controlli sono così intuitivi che anche il nonno potrebbe lanciarlo senza troppa pietà, e la grafica è un’esplosione di colori pastello che ti coccola l’anima più di una cioccolata calda in inverno. Un gioco che non solo fa il tifo per la tenerezza ma ti insegna, con leggerezza, l’arte di prendersi cura – perché sì, anche un gattino virtuale ha bisogno di amore vero. Insomma, un’esperienza che ti fa dire “aww” e “GG” nello stesso momento. Chi l’avrebbe mai detto?