Spider Solitaire Time è quel classico passatempo con le carte che ti fa sentire un po’ detective e un po’ stratega, tutto mentre cerchi di non addormentarti sulla tastiera. Qui, il tuo obiettivo è mettere in fila otto pile di carte ordinate dal Re all’Asso, tutte rigorosamente dello stesso seme. Facile, no? Beh, se credi che spostare carte sia solo un gesto da “clicca e sposta”, preparati a ricrederti: la vera sfida è capire quando fare il passo falso e quando invece fare la mossa da maestro di scacchi (ma con le carte, ovviamente).
La meccanica di gioco è semplicissima, quasi banale, ma nasconde una profondità che ti farà grattare la testa più di una volta. Puoi usare il mouse o il touchscreen per trascinare le carte tra le varie pile, ma attenzione: non puoi piazzare una carta a caso sopra un’altra! Serve che sia di rango immediatamente inferiore, o in alternativa, spostare una sequenza completa che va dal Re all'Asso (e ti assicuro che, quando ci riesci, è quasi come sbloccare un achievement segreto). Ho provato a capire il crafting delle sequenze e ho finito per fare un pasticcio degno di MasterChef, ma è proprio questa sfida a tenerti incollato allo schermo.
Ora, aggiungici un bel timer che ti guarda minaccioso dall’angolo in alto: ecco che la partita diventa una corsa contro il tempo, un po’ come cercare di finire la spesa prima che chiuda il supermercato. Ti ritroverai a voler battere il tuo stesso record, perché sì, chi non ama sentirsi un eroe del click rapido? E se pensi che la difficoltà sia sempre la stessa, pensa di nuovo: puoi scegliere tra uno a quattro semi in gioco, aumentando esponenzialmente il livello di “GG” o “nerf” a seconda dei casi.
Se sei uno di quelli a cui piace una sfida che non ti fa sudare sette camicie ma ti tiene sveglio e attento, Spider Solitaire Time potrebbe diventare la tua nuova dipendenza. E poi, diciamoci la verità, chi non ama quel momento “eureka” quando finalmente riesce a spostare quella benedetta sequenza e sentirsi un po’... mago delle carte? Seriamente, chi l’ha testato? Io, e posso dirti, è più coinvolgente di quanto sembri.